Non possiamo che accogliere con favore
le parole di Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio
e Lavori Pubblici della Camera, in merito alla risposta del Mise alla sua
interrogazione sulla costruenda centrale a carbone di Saline Joniche: «C’è
spazio per fermare da subito l’anacronistico e antieconomico progetto di
realizzare una centrale a carbone nel comune di Montebello Jonico. Un progetto
vecchio che non ha più senso». Sono ormai anni che Sel si batte contro la
costruzione di questa ennesima cattedrale nel deserto, di cui non si ravvede né
il bisogno né il senso. Risale allo scorso 19 giugno la richiesta da parte di
alcuni gruppi consiliari, tra cui Sel, della convocazione straordinaria del
Consiglio provinciale per assumere determinazioni urgenti contro la
realizzazione della centrale a carbone di Saline Joniche e per chiarire una
volta per tutte l’atteggiamento contraddittorio assunto dal Presidente Raffa, il quale il quattro marzo scorso, durante
la seconda conferenza dei servizi presso la
Capitaneria di Porto, ha disatteso la ferma ed esplicita contrarietà alla realizzazione
dell’impianto Sei-Repower, ratificato anche con atti formali, sia dall’attuale
che dalla precedente giunta. Solo un anno fa, il 28 maggio 2013, il Consiglio Provinciale approvava
all’unanimità una mozione presentata dal vicepresidente e capogruppo Sel
Giovanni Nucera esprimente parere negativo contro lo scellerato progetto della
SEI-Repower. Oggi la risposta del
Ministero dello sviluppo economico all’interrogazione n.4-05632 conferma quanto
affermato con forza dalle Istituzioni e dalle associazioni. Non c’è il bisogno
di nuove centrali elettriche tradizionali potendo disporre oggi di più impianti
energetici di quanto non richieda il fabbisogno del Paese. La stessa Enel si
accinge alla chiusura di 23 centrali termoelettriche a carbone.
Il rilascio dell’autorizzazione da parte del Mise è subordinato
per legge al parere motivato e dettagliato della Regione, che però, a detta del
Mise, ancora la Regione non ha formalizzato. Una battaglia che continueremo
quindi anche in Consiglio regionale insistendo con atti formali: la Calabria
può scommettere su un piano di sviluppo sostenibile per l’area interessata che
punti alla tutela e alla valorizzazione delle risorse ambientali e culturali
calabresi. Come sottolinea Realacci sul progetto di Saline Joniche pesano non
solo l’opposizione degli Enti Locali, i ben due pareri del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, delle
associazioni, dei cittadini e i numerosi ricorsi al Tar, nonché l’uscita dal
progetto del socio di maggioranza, il gruppo svizzero a partecipazione pubblica
Repower Ag, in seguito al referendum popolare di un anno fa, il quale
stabilisce che le aziende svizzere a partecipazione pubblica non possono
investire in centrali a carbone neanche fuori dei confini nazionali.
la Calabria non è colonizzabile, basta con le imposizioni che provengono
dall’alto e basta con progetti che non guardano all’ambiente, progetti i cui
unici benefici non vanno ai nostri cittadini, ma alle organizzazione mafiose. Quest’area
deve ritrovare la sua vocazione turistica con la riapertura e la valorizzazione
del porto, con interventi di riqualificazione volti alla tutela ambientale,
alla salvaguardia dei beni archeologici e delle peculiarità culturali e
territoriali. Un progetto urgente, dunque, e condiviso per la rinascita e lo
sviluppo economico di questa porzione di area metropolitana, a partire
dall’utilizzo produttivo delle strutture già esistenti sul territorio, dalla
promozione delle iniziative manifatturiere legate alle energie alternative, all’agricoltura,
al paesaggio e al recupero di attività tradizionali legati alla cultura
calabro-greca.
Inoltre dobbiamo impegnarci tutti
insieme alla salvaguardia del diritto alla salute dei cittadini che vivono e
crescono i loro figli nei territori circostanti l’area interessata. Porre fine
una volta per tutte al tentativo di devastazione della centrale a carbone,
considerata da più voci autorevoli una fabbrica della morte, è prima di tutto
una questione di coscienza e un dovere che non contempla un solo passo
indietro.